piluccando nelle news ho beccato questa "rivoluzionaria" proposta del Governo in carica: "in arrivo un bonus per le famiglie a basso reddito"
Nei mesi precedenti già si parlava di una “social card”.
Ma chiamiamola come si addice a un regime di tal fatta e per i nostalgici dell’eya eya alalà: la tessera annonaria!
Già, tessera annonaria di povertà: offensiva, pietistica, mortificante.
durante il ventennio, ogni persona a seconda dell’età e del lavoro, riceveva una tessera di carta stampata con dei bollini, ognuno di essi permetteva di comprare, quel certo giorno, un certo genere alimentare per un certo tot di denaro. Per esempio nel 1941 la quota di pane di ognuno era di 200 g. al giorno, per gli operai di 300 e di 400 per chi svolgeva lavori pesanti.
Oggi la chiamano (secondo il sistema delle 3 "i") “card”, ma è l’ennesima presa per il culo dei poveri, che a frotte hanno votato l’unto dal signore.
I poveri, quelli che hanno solo la dignità da salvare. Ma se gli sbatti in faccia quest’obolo, questa carità, beh! allora siamo alla frutta!
E’ meglio che si cominci anche a chiamare le cose come stanno:
Il ventennio ritorna sotto non-mentite spoglie!!!!!
Seconda Guerra Mondiale: quanta fame!
da "Glossario della guerra e della Resistenza"
Tessera (annonaria) – Tessera nominale che viene consegnata ad ogni cittadino per ottenere i viveri previsti dal razionamento, con bollini da staccare all’atto della ricezione degli alimenti. Diviene espressione di uso comune per indicare un prodotto scadente o di infima qualità: “L’è pés ch’al pàn d’la tèsèra” (dialettale) = “È peggiore del pane della tessera”.